Altro che street food!
Dimenticate l’aperitivo fighetto con chips di barbabietola e hummus al wasabi. Qui si parla di fritto vero, quello che profuma di mortadella, strutto e nostalgia, e che – diciamolo – mette d’accordo il colesterolo e il cuore.
Lo stecco fritto è il non plus ultra della cucina contadina bolognese. Uno spiedino che ha saputo conquistare anche il palato di Pellegrino Artusi – e non è roba da poco. Si presenta umilmente con un cubetto di mortadella, uno di formaggio dolce e un altro di mortadella. Ma poi… BAM! Si riveste di besciamella densa come la nebbia in pianura e si getta senza timori tra le fiamme dell’olio bollente (o, nelle versioni più fedeli alla tradizione, dello strutto).
Una storia di maiali, non solo da mangiare
Nel cuore della Bassa bolognese, il maiale – anzi, il ninéin – era ben più di un semplice animale da allevamento. Era una vera e propria risorsa di sopravvivenza familiare, tanto che in certe case veniva trattato meglio del cognato antipatico.
Tutto si usava: carni, ossa, cotenna, sangue, ma soprattutto lo strutto, ricavato con amore (e sudore) dalla sua parte grassa e usato come base per friggere qualsiasi cosa. Dalla crescenta ai dolci, fino al glorioso Gran Fritto Bolognese, con carni, verdure e creme impanate. Lo strutto era la benzina della cucina povera ma geniale.
E lo stecco fritto?
È il figliol prodigo di questa grande tradizione. Un piccolo monumento da infilzare e gustare in silenzio, come si fa con le cose sacre.
Ecco come si fa (e perché ne vorrete almeno sei)
Ingredienti:
- 200 g di mortadella (non affettata sottile, eh! Un bel pezzo da tagliare a cubettoni)
- 100 g di emmental
- 300 g di besciamella (meglio se riposata una notte, come voi dopo una cena con questo fritto)
- 2 uova piccole
- 200 g di pangrattato (senza fronzoli)
- 1 litro di olio di semi (oppure, per gli intrepidi: strutto di ninéin, come da tradizione)
Procedura illuminata:
- Cubi: tagliate la mortadella e il formaggio a dadini da 1,5 cm. Se sono più grandi, lo stecco reggerà solo una rotazione.
- Assemblaggio artistico: infilzate un cubo di mortadella, uno di emmental e un altro di mortadella per ogni stecco.
- Besciamella attack: coprite il tutto con la besciamella fredda. Usate un cucchiaio, un pennello o la fede.
- Panatura a prova di crollo: uovo, pangrattato, di nuovo uovo, di nuovo pangrattato. Fedele al principio “più è, meglio è”.
- Frittura sacra: tre alla volta, in olio bollente (controllate con lo stuzzicadente: se fa le bolle, si va).
- Servire subito, che il fritto non aspetta nessuno.
Risultato? Una crosticina croccante fuori, un cuore filante dentro, e un’esplosione di sapori che fanno subito sagre, cortili, e “vieni su a prenderne un altro”.
Altro che street food.
