Purtroppo, anche San Gaudenzio non è immune dalla presenza di quelle che Argia definisce “brutte persone rancorose”.
Per lei, il peggiore è senza dubbio il Notaio Malvisi, detto Il Veleno con la Cravatta. Abita nella Casa Più Buia di Via dei Ciliegi (Che Non Ha Ciliegie), e la gente giura che le tende si muovano anche quando non c’è vento.
Donatello Malvisi, pensionato e radiato dall’albo “per motivi non divulgabili ma sufficientemente inquietanti”, si veste sempre di nero con una cravatta viola di raso che pare lucidata con olio motore. Porta gli occhiali anche quando dorme — forse per continuare a giudicare la gente anche nei sogni.
Secondo Argia “ha le unghie troppo lunghe per un essere umano senza secondi fini”.
Parla con una voce lenta e viscida che fa smettere di covare perfino le galline, e ama sfoderare latino maccheronico per intimidire. Peccato che il Preside Palmieri lo corregga puntualmente, godendo come un riccio. Quando non sa cosa fare, scrive lettere minatorie su carta intestata profumata alla lavanda (“per confondere le vittime”) o, nei giorni peggiori, inventa finti convegni sul testamento solidale per adescare le vedove.
Ha un aiutante: Gervasio, ex postino muto che comunica solo con colpi di tosse e petardi, e una sorella, Elisabetta, cresciuta nei sotterranei della Biblioteca Civica nutrendosi di pagine strappate dai registri catastali e atti borbonici. Nessuno sa come sia arrivata lì, ma molti giurano che abbia messo radici nel cemento e che il suo battito cardiaco coincida con l’orario di apertura dell’archivio. In paese si mormora che, se pronunci il suo nome tre volte in un ufficio notarile, ti arrivi un plico da 47 pagine che annulla la tua intera esistenza civile.
L’obiettivo del Malvisi è fregare il prossimo. Sempre. Lo ha persino messo per iscritto nel diario segreto “Dominerò San Gaudenzio in 73 mosse lente e irrevocabili”, che però ha dimenticato sulla corriera. L’autista lo consegnò al Sindaco Elvezio, che lo fotocopiò e ne regalò una copia al Maresciallo. Ancora oggi, quando è triste, Elvezio lo rilegge per tirarsi su con due risate e ricordare che, da qualche parte, c’è sempre qualcuno che fallisce peggio di lui.
Malvisi sogna di trasformare San Gaudenzio in una “comune privata” abitata solo da lui e dai suoi gufi, e per farlo circuisce chiunque: redige testamenti fasulli, ipnotizza con monologhi burocratici di dodici minuti netti, e riesce sempre a trovare una clausola dimenticata in un contratto — anche se lo ha scritto lui il giorno prima.
Negli anni ’90 il Sindaco cominciò a sospettare che il Notaio mirasse alle eredità delle vedove. Il sospetto divenne certezza nell’estate torrida del ’94, quando Malvisi iniziò a invitare le signore a “passeggiate rigeneranti” sugli argini alle due del pomeriggio.
Quell’estate puntò anche la Ines, vedova dal ’92, e Nonna Argia divenne un animale da guardia. Ogni volta che Malvisi passava davanti alla trattoria e salutava la Ines, Argia lo fissava mostrando i denti e soffiando come un gatto. La Ines diventava rossa e si rifugiava dietro la macchina del caffè.
Una sera Argia si presentò dal Sindaco con una bottiglia di limoncello fatto in casa della sua riserva. La luce dell’ufficio rimase accesa fino a tardi, con urla tipo “Ma ti pare?!” udibili fino alla piazza. Qualche giorno dopo, Malvisi sparì per un mese.
Versione ufficiale: “inciampato in un bastone in circostanze giudicate ‘non chiaribili’ dal Maresciallo”.
Versione ufficiosa: “inciampato nello stesso bastone che un’ora prima stava usando per misurare la larghezza della veranda della Ines. Il bastone è stato preso in custodia dal Sindaco Elvezio, ma il giorno dopo è finito — inavvertitamente — alla grigliata dell’Oratorio”.
Malvisi, come dicevamo, pensò bene di passare la convalescenza a Porretta e, per un mese, le galline non ebbero problemi con la produzione di uova
