Ormai ci siamo: il secondo sabato di agosto si avvicina e, come da tradizione millenaria (almeno secondo Ezio), la signora Ines di Ca’ Nova – madre devota e vedova inconsolabile – si trasferisce per due settimane a Cervia, nella vecchia casetta di famiglia con giardino e zanzare con diritto di cittadinanza.
Da quando è rimasta sola, ha trovato compagnia nella sua amica per la pelle, l’Argia, che si presta con entusiasmo alla villeggiatura balneare pur di non rinunciare alle sue amate lezioni di zumba in spiaggia. (Dice che a star ferma si “calcifica” come il Santerno in secca.)
A fare da autista designato (e vittima sacrificale) sarà, come sempre, il povero Ezio. Che già da giorni – come ogni anno – si aggira per il paese con l’occhio spiritato di chi sa che la tempesta si avvicina.
📋 Preparativi in modalità assedio
Le due arzille nonnine si incontrano ogni mattina al dehors della trattoria per stilare, confrontare e revisionare la lista delle valigie.
Una lista che, col passare degli anni, è passata da “costume, cappello e settimana enigmistica” a:
- Friggitrice ad aria
- Tagliaunghie elettrico
- Sdraio ergonomica in memory foam
- Set per karaoke da giardino
- E quella tendina con i limoni che fa pendant con gli ombrelloni del Bagno Bella Linda (“perché lo stile è importante”)
Ezio finge di leggere il giornale seduto poco distante, ma in realtà origlia tutto, sprofondando nell’ansia più cupa.
“Perché lorolì,” – dice spesso – “se non ci stai attento, sono peggio della tempesta. Con in più la pensione.”
🔍 Nota linguistica di sopravvivenza a San Gaudenzio
Quando Ezio parla di qualcuno che è lì presente ma per lui è come se fosse in loop su Rai 3, usa l’espressione “luilì/leilì/lorolì”.
Quando invece prova anche un affetto (ben nascosto sotto strati di esasperazione e omeprazolo), concede un “luiqui/leiqui”.
“Loroqui”? non si usa. Mai. Quella è gente che ti entra in casa e ti sposta i centrini.
In pratica: L’Ines può essere “leiqui”. I consiglieri di opposizione sono “lorolì”
🎯 La scena del crimine
Stamattina, il dramma.
Ezio, intento come sempre a farsi del male origliando, ha colto l’Argia dire con tono allegro:
“… e poi dobbiamo andare al negozio dei cinesi di Argelato a prendere le statue dei fenicotteri rosa e le luci per il giardino, per la festa di Ferragosto…”
Lì, l’apoplessia.
Ezio ha fatto un balzo, ha rovesciato il bicchiere d’acqua, ha perso un infradito.
“Quale festa d’agosto? Quali fenicotteri?”
Le due si sono guardate con l’intesa di chi ha già prenotato il deejay.
Ines ha sgranato gli occhi e stretto le labbra come una bimba sorpresa con le mani nella Nutella.
L’Argia invece si conteneva a fatica. Si vedeva dalle guance che cercavano di non esplodere.
“Ma la festa di Ferragosto, no? Lo scorso anno tua mamma ha conosciuto un signore di Rimini tanto simpatico… abbiamo deciso di invitarlo a cena. Poi balliamo in giardino.”
Ezio ha avuto un momento di black-out cerebrale.
Ha mormorato un “Tu… noi… voi… i fenicotteri?” come se stesse invocando il codice Morse.
Poi il colpo di grazia:
“Mavalà che ti prendiamo in giro!”
E lì è partito l’urlo.
“IO A CERVIA CON VOI NON CI VENGO PIÙ!
CON LE BADANTI VI CI MANDO!
CON LE BADANTI!”
👒 Epilogo
Si dice che, dopo la scenata, l’Argia abbia chiesto se poteva portare anche la Yogurteria automatica da campeggio.
E che l’Ines abbia iniziato a valutare un menù di Ferragosto “a base di crudité e passi di mambo”.
Ezio, nel dubbio, ha bloccato Booking e chiesto un colloquio urgente con Don Onesto.
Dice che stavolta vuole farsi portare a Lourdes. Da solo.
