Se oggi qualcuno vi offre una fetta di torta di riso infilzata con uno stuzzicadenti, non pensate male: non è un attacco personale, ma un gesto di pura e antichissima ospitalità bolognese.
Siamo nella Bologna del Cinquecento, quando il cardinale Gabriele Paleotti – uno che con le feste non scherzava – istituisce la Festa degli Addobbi, versione localissima e barocchissima della processione del Corpus Domini. Case addobbate con drappi, parrocchie che si davano il cambio come a una staffetta decennale, e un Settecento che trasformò tutto in un’esplosione di quadri, gare poetiche e restyling domestici degni di una puntata di “Cortesie per gli Ospiti”.
Ma veniamo al cuore della questione: la torta di riso, regina indiscussa della festa e protagonista assoluta delle tavole bolognesi.
Dolce dalla lunga e gloriosa tradizione, tanto da essere solennemente decretata (giuro, con atto notarile!)dall’Accademia Italiana della Cucina. Altro che tiramisù: questa sì che è una torta con la fedina penale pulita e il pedigree da alta borghesia bolognese.
Gli ingredienti?
Un tripudio di latte, riso, uova, zucchero caramellato, cedro candito, mandorle tritate e persino un bicchierino di liquore alla mandorla amara, così – giusto per dire al pancreas “ciao, ci vediamo alla prossima festa!”. Per i più arditi, si possono aggiungere anche 4 amaretti, ma solo se siete in buoni rapporti con la bilancia.
Il procedimento?
Si cuoce il riso nel latte come facevano le nonne (quelle vere, col grembiule e la voce di Laura Betti), si mescola tutto con amore e olio di gomito, si versa in una teglia imburrata (perché a Bologna si imburra anche la simpatia), e si inforna con pazienza e un pizzico di fede popolare.
Una volta pronta, la torta non si taglia a fette come un panettone qualsiasi, ma a rombi, e si serve con uno stuzzicadenti piantato nel mezzo: un gesto che è insieme simbolo, tradizione e scusa perfetta per mangiarne almeno due pezzi “tanto sono piccoli”.
In sintesi: volete sentirvi parte di una Bologna antica, poetica e un po’ barocca? Accendete il forno, preparate la torta di riso e addobbate la cucina. Magari non passerà il Corpus Domini, ma di sicuro arriverà qualche vicino curioso. Con o senza stuzzicadente.
TORTA DI RISO
Solennemente decretata dall’Accademia Italiana della Cucina Delegazione di Bologna del Bentivoglio e depositata con atto notarile il 14 dicembre 2005 presso la Camera di Commercio di Bologna, Palazzo della Mercanzia.
INGREDIENTI:
Un litro di latte
200 gr di riso
200 gr di zucchero caramellato
100 gr di zucchero vanigliato
3 tuorli d’uovo
3 uova intere
100 gr di mandorle
100 gr di cedro candito
un bicchierino di liquore di mandorla amara
cannella
chiodi di garofano
buccia grattata di un limone
un pizzico di sale
– è facoltativo l’impiego di 4 amaretti.
PROCEDIMENTO:
Mettere sul fuoco una pentola, far bollire il latte e aggiungere il riso alla scorza grattata di limone, un pizzico di sale e lo zucchero vanigliato. Far cuocere il riso, che a fine cottura dovrà aver assorbito quasi completamente il latte. Versare tutto in una terrina e fare raffreddare il riso, che assorbirà tutto il latte rimasto nella cottura. Nel frattempo sbattere le uova con lo zucchero caramellato, incorporare le mandorle tritate e il cedro candito tagliato a dadini, quindi amalgamate molto bene tutti gli ingredienti con parte del liquore di mandorle amare. Rovesciare tutto in uno stampo imburrato e cuocere in forno a 180° per una ventina di minuti, per poi portare la temperatura a 150 gradi e ultimare la cottura dopo 40-45 minuti Estrarre la torta e lasciare intiepidire prima di bagnare la superficie con il rimanente liquore.
