
Giuditta regna sovrana come una imperatrice medievale nella cucina dell’Istituto Comprensivo, tra mestoli, pentoloni e cartelli scritti a mano tipo: “NON SI ENTRA SENZA CUFFIA (O SENZA RISPETTO)”.
È una donna imponente, con braccia forti, voce squillante e un grembiule che cambia colore a seconda del menu del giorno (rosso per il ragù, beige per il purè, mimetico per quando c’è la soia).
Da trent’anni sfama generazioni di cinni con la stessa filosofia: “poco sale, tanta sostanza e il dado lo faccio io”.
Diffida profondamente dei prodotti surgelati (“Manco i ghiaccioli, figuriamoci le spinacine”), e considera la piramide alimentare un’opinione.
Ogni volta che si parla di “menù a impatto ambientale”, risponde che l’unico impatto che le interessa è quello sul piatto.
È famosa per tre cose:
- Le polpette del martedì, che una volta hanno commosso persino il maresciallo.
- La sua crostata di marmellata fatta con “quel che c’è, ma ben messa”.
- La capacità di riconoscere al primo sguardo se un bambino ha mangiato o ha solo giocato con il pane.
Con il Professor Palmieri c’è stima reciproca, anche se ogni tanto lui le suggerisce di “rivedere la proposta vegetariana”, e lei gli risponde: “Io rivedo volentieri, ma tu poi assaggia, eh?”.
Per i bambini è una figura mitologica: metà cuoca, metà oracolo (“Mangia che cresci, e tu, smettila di buttare il sedano nella tasca del grembiule”).